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II volume rivisita le tradizionali teorie del "diritto di resistenza" alla luce delle nuove dimensioni che il potere politico, economico e ideologico ha assunto nell'età moderna e in particolare nel mondo contemporaneo. Nel pensiero politico antico e medievale, il diritto di resistenza era invocato essenzialmente di fronte alle varie forme di tirannide; nel Seicento Locke poteva ancora sostenere l'opportunità della resistenza anche nei confronti del "governo civile", vale a dire del nascente stato costituzionale, qualora venisse meno il rapporto di fiducia tra esecutivo e legislativo, o tra legislativo e popolo. Con la maturazione della democrazia costituzionale che si dota di istituzioni di autocorrezione delle violazioni di costituzionalità il diritto di resistenza, ancora presente nella costituzione giacobina del 1793, pare aver fatto definitivamente il suo tempo. Ermanno Vitale propone una definizione di resistenza costituzionale il cui scopo è difendere il patto sociale nel caso estremo in cui sia ragionevole dubitare dell'affidabilità delle garanzie istituzionali. A tal fine si analizzano le differenze tra la resistenza costituzionale e altre forme di azione politica (rivoluzione, riforma, conservazione, reazione, restaurazione, disobbedienza civile) e si affrontano i modi per smascherare i segreti del potere e della sua violenza strutturale, anche quando si tratti di "società aperte" il cui regime politico è la democrazia costituzionale.